Giorgio Comola, Marco E. Pasqualini, Franco Rossi, T. Salvagnini, Federico Meynardi e Luca Dal Carlo
Nell’ambito della odontoiatria conservativa i materiali più utilizzati per le restaurazioni definitive sono le resine composite e le amalgame dentali. Svariati sono gli autori che nell’arco degli anni hanno messo in dubbio le proprietà dei materiali per le restaurazioni. L’amalgama dentale è stata considerata tossica per il contenuto di mercurio nella sua lega mentre i compositi hanno dimostrato avere una peggiore sigillatura marginale soprattutto a causa di una minore adesione dei sistemi di bonding in dentina, alla eventuale degradazione idrolitica e alla contrazione dovuta alla polimerizzazione. Nonostante ciò lo sviluppo tecnologico dei nuovi sistemi nanosferici e dei cosiddetti bulk-fill ha permesso di aumentare la resa estetica e la resistenza meccanica fino a livelli similari a quelli delle amalgame, come si verifica nel caso delle ormocere.
Materiali e metodi:
La revisione della letteratura è stata effettuata utilizzando i più importanti database scientifici come WOS e EBSCO, con criteri di inclusione e esclusione molto precisi.
Conclusioni:
Nonostante tutte le innovazioni disponibili, la carie ricorrente continua ad essere un problema che i dentisti affrontano ogni giorno. Tale patologia può essere dovuta a molti fattori diversi, tra i quali: la specifica morfologia del dente, la sua malposizione nelle arcate dentarie, la presenza di traumi occlusali, la preparazione inadeguata della cavità, le condizioni socio-economiche del paziente, le sue abitudini di igiene orale e, in ultima analisi, l’abilità dell’operatore.
Fin dai tempi dell’introduzione della resina composta in odontoiatria è sempre stato di interesse comune discutere la durata dei materiali restaurativi. Da sempre, per comune senso clinico, si considera molto più longeva l’amalgama d’argento rispetto alle normali resine composite. Nel 2007 alcuni studi hanno dimostrato che, in un follow up longitudinale a 8 anni l’incidenza della recidiva cariosa sotto le amalgame era compresa tra lo 0 e il 7%.
La casistica clinica ha indicato che la sigillatura marginale e la durezza delle otturazioni in amalgama ne garantisce un tasso di sopravvivenza superiore agli altri materiali. Tuttavia, l’amalgama non è estetica, non consente di realizzare restauri puramente adesivi ed è oggi accompagnata dal fumus di esser causa di patologie gravi a causa del mercurio. Tutto ciò ha agevolato il grande sviluppo e l’evoluzione delle resine composite. I compositi, tuttavia, vanno soggetti a contrazione durante la polimerizzazione creando un gap marginale il quale non permette una sigillatura ermetica come quasi sempre si aveva e si ha con le otturazioni in amalgama. Il fattore elettrochimico intrinseco di corrosione le porta ad un lento processo di espansione temporale seppur nelle prime 24 ore tendano ad avere una contrazione iniziale.
Numerosi autori sottolineano come la buona riuscita del trattamento sia operatore dipendente, e come siano da considerare secondari eventuali presidi tecnico-terapeutici, come per esempio la diga di gomma.
MATERIALI E METODI
Viene realizzata una revisione della letteratura usando stretti criteri di ricerca col fine di includere in bibliografia solo risultati significativi. Si è sviluppata una ricerca con l’ausilio dei maggiori database attualmente disponibili a livello informatico per l’analisi scientifica. Si sono utilizzati: il Core-Collection WOS (Web of Science) database, includendo tutti i risultati provenienti da Pub-Med (Medline) e il motore di ricerca specifico EBSCO Dentistry and Oral Science Source. I termini utilizzati sono inclusi nel MeSH thesaurus Med-Line e vengono abbreviati con asterisco per poter includere tanto i risultati al singolare che al plurale e sono: Car*, Tooth Decay, Recurr* Second* uniti dagli operatori booleani AND, OR, NOT; Not è stato utilizzato per escludere le ricostruzioni in settore anteriore di classe 4 di Black, dal momento che subiscono movimenti e pressioni biomeccanici profondamente diverse rispetto alle più tipiche otturazioni: occlusali, interprossimali e cervicali. Vengono parzialmente esclusi i restauri indiretti (Inlay, Onlay e Overlay) poiché doppiamente operatore-tecnico-dipendenti oltre al fatto che si realizzano e fissano in condizioni notevolmente differenti.
Criterio di inclusione fondamentale è stata la riduzione del lasso temporale agli articoli presenti tra l’anno 2004 e 2017. Questo intervallo di tempo è stato scelto poiché le tecnologie delle resine composite più antiche non sono fisicamente capaci di competere con le amalgame. Eventuali studi longitudinali, seppur a breve termine (5 anni), si sarebbero basati su livelli tecnologici non comparabili. Altro criterio di inclusione è stato l’Impact Factor degli articoli analizzati, i quali dovevano corrispondere quantomeno a riviste con un valore minimo di 1 secondo il JCR (Journal Citation Report, Thomson Reuther).
I risultati ottenuti sono stati analizzati e considerati validi solo dopo aver consultato il corrispondete ESI (Essencial Science Indicator) in base al luogo di provenienza. Per ultimo si è deciso di includere delle pubblicazioni che pur esulando da questi criteri riguardano specificamente il trauma occlusale come causa di carie e/o di conseguenti recidive.
Negli ultimi anni il tema è stato poco trattato e vi è scarsa bibliografia al riguardo nonostante sia di grande interesse sottolineare come è stato scientificamente dimostrato la sua correlazione con le lesioni cariose.
DISCUSSIONE
LE DIFFERENZE FISICO-CHIMICHE DEI MATERIALI DA OTTURAZIONE
Considerazione generale di tutti gli autori è la profonda differenza a livello chimico tra amalgama e composito. L’amalgama dentale è un materiale polifasico il quale viene introdotto in un ambiente umido sottoposto quindi ad eventuali situazioni di elettrogalvanismo. La trasmissione elettrica che si origina, dovuta alla differenza di potenziale delle cariche tra le varie sostanze, porta ad una inevitabile corrosione. Se a questi fattori sommiamo la presenza di ossigeno e di saliva si ottiene inevitabilmente che l’interfase più elettropositiva (I.E. Gama2-γ2) reagisca in maniera non controllabile.
Tuttavia questa soluzione di continuo formatasi per il normale elettrogalvanismo può essere un aiuto nella perfetta chiusura marginale delle amalgame. Se la fessura che si forma è di dimensioni esigue i prodotti idrolizzati tornano a depositarsi sulla superficie della otturazione stessa occludendo e adattandosi al margine della cavità. Nonostante l’amalgama come materiale abbia una capacità adattativa la componente elastica della dentina, può causare la formazione di una nuova interfase la quale viene immediatamente compensata dal meccanismo appena descritto. Questo sistema di autopreservazione si annulla totalmente in presenza di fratture estese, le quali danno luogo alla formazione di carie secondarie di difficile diagnosi a causa del cambio di colorazione che causa il metallo nelle zone marginali a contatto con il dente. Darvell giustifica l’inserimento del rame nella lega per ridurre la fase elettropositiva e così diminuire l’effetto elettrogalvanico.
La scomparsa della fase γ2 permette una sensibile diminuzione dei depositi di microparticelle responsabili della iterazione tra dente e metalli nella interfase. Se in un principio vi è una parvenza di perdita in termini di proprietà meccaniche, in realtà queste vengono aumentate a livello molecolare migliorando la solidità in blocco della lega rendendo totalmente ininfluenti gli eventuali depositi marginali (1, 2).
Completamente diversa è la proprietà delle resine composite in relazione al Gap marginale. A differenza delle amalgame queste basano la propria resistenza sui sistemi adesivi: vi è uno specifico meccanismo di iterazione tra: le sostanze dentarie, i sistemi di bonding e le resine che compongono la restaurazione vera e propria.
I fattori che portano alla ricorrenza di carie sotto le otturazioni sono molto più complessi e si intersecano tra di loro (3-5)(Fig. 1).
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