Agenesia dei laterali superiori: la tecnica combinata con allineatori invisibili e implantologia mini invasiva di Scuola Italiana
Marco E. Pasqualini e Giorgio Comola
L’assenza di uno e/o due denti nel settore anteriore è facilmente identificabile poiché fonte di una disarmonia estetica particolarmente evidente. Le agenesie degli incisivi laterali superiori sono fenomeni di una certa frequenza (1-2). Se per il paziente comportano un problema primario a livello di estetica, al clinico deve preoccupare soprattutto l’alterazione dei rapporti occlusali con eventuali scivolamenti della guida di protezione canina e la conseguente possibilità di traumatizzare altri elementi dentari, con una compromissione funzionale delle due arcate (3). Nei casi di agenesia bilaterale vi è un aumento atipico dello spazio tra incisivo centrale e canino durante il periodo della permuta dentaria, talvolta si può notare un eccessivo allineamento degli elementi anteriori durante la fase del “brutto anatroccolo”. Nell’agenesia unilaterale, spesso vi è una perdita della linea mediana sempre a discapito della zona dove il dente non si è sviluppato (4). Varie sono le metodiche proposte dalla comunità scientifica per la risoluzione di questi casi. Di uso frequente vi è la terapia della chiusura degli spazi ortodonticamente con brackets autoleganti e arco preformato e quindi trasformare i canini in incisivi laterali mediante un rimodellamento coronoplastico di tipo estetico. Il primo premolare si prepara a forma di canino con l’uso di frese ad alta velocità riducendo al minimo la cuspide palatale per trasformarlo in uno pseudo-canino che permetta la disclusione di lateralità (5-6). A livello puramente estetico puó considerarsi una soluzione ma questa metodica non prende in considerazione quegli squilibri funzionali che si possono causare soprattutto nelle agenesie unilterali. La forma anatomica di un premolare non è creata per resistere alle pesanti forze che si generano nelle disclusioni laterali. Inoltre l’intervento di tipo estetico richiede una rimozione di materiale dentario decisamente invasivo e permanente solo per migliorare dei canoni di bellezza. La scelta dell’apertura ortodontica dello spazio facilita il mantenimento del canino nella sua posizione naturale nell’arcata dentaria, preservando quindi l’ideale intercuspidazione dei premolari e garantendo così la guida di disclusione canina (7). Il recupero dello spazio interdentale e l’aumento del volume osseo interadicolare, ove possibile, sono consigliabili. Tuttavia vi sono alcune limitazioni dovute alle caratteristiche intrinseche del paziente: i candidati appropriati per il trattamento ortodontico dovrebbero presentare la necessità di una proinclinazione degli incisivi superiori per aumentare il supporto labiale. Inoltre la tendenza alla terza classe è in questi casi una indicazione all’apertura degli spazi per migliorare il profilo dell’arcata e correggere l’eventuale morso incrociato anteriore; frequente è il miglioramento dell’estetica in quei pazienti che presentano un profilo concavo. Sebbene sia da preferire per motivi funzionali, l’apertura degli spazi può essere controindicata in alcuni soggetti tra i quali: pazienti in prima classe molare con affollamento anteriore, in seconda classe senza affollamento, profili convessi e con una protrusione alveolare eccessiva, dal momento che seguire questa terapia peggiorerebbe la loro condizione clinica alterando e peggiorando i lineamenti estetici (8). Questo recupero si puó ottenere ortodonticamente con la maggior parte degli apparecchi fissi, benchè gli allineatori invisibili abbiano il vantaggio di un miglior controllo proprio su quegli elementi che si vogliono mantenere immobili, e risultino particolarmente predisposti alle distalizzazioni (9). La riabilitazione poi con impianti one-piece mini invasivi di Scuola Italiana apporta altri vantaggi: da un punto di vista della resistenza alle sollecitazioni tanto statiche quanto dinamiche, sono impianti specifici per il carico immediato, utili nei casi in cui l’osso sia poco mineralizzato (10-11). Lo spessore osseo nell’area dell’agenesia è tipicamente deficitario per mancanza dello sviluppo del dente definitivo. Tuttavia se il tragitto eruttivo del canino lo porta ad erompere in prossimità dell’incisivo laterale vi è una maggiore preservazione delle buone caratteristiche del trabecolato. Nelle zone edentule che si formano dopo la permuta dentaria in quei casi in cui non è presente il dente definitivo vi è un rapido riassorbimento osseo. Una soluzione consigliata da alcuni autori consiste nel mantenimento dei decidui in posizione provvisoria per garantire una discreta qualità ossea una volta raggiuntà l’età minima per iniziare la chirurgia implanto-protesica (12-13). Spessori anatomici ridotti, scarsa disponibilitá di osso, spazi estremamente limitati tra canino e incisivo centrale e per non intervenire con le grandi chirurgie ricostruttive (innesti, onlay, membrane), l’implantologia one-piece a carico immediato di Scuola Italiana può essere consigliata per la sua rapida risoluzione terapeutica. Questi impianti non necessitano di spazi eccessivamente estesi in quanto il loro diametro è compreso tra i 2 e i 3,5 mm alla spira e sfruttano l’appoggio delle corticali occlusale e profonda (Bicorticalismo) (14-15).
MATERIALI E METODI
Per il recupero dello spazio ortodontico viene usato il sistema Invisalign, la prima serie di allineatori è stata fabbricata con il polimero originale (4G), in seguito a partire dal 2012 viene introdotto il nuovo materiale Smart Track. Nel caso dell’agenesia unilterale è stato svolto un “Invisalign full” seguito da due “refinment” e dalla contenzione finale, mentre nel caso in cui mancavano ambedue gli incisivi è stata necessaria una mid-course correction. Per migliorare l’efficacia degli allineatori, sono stati applicati degli attachment in resina composita così da esercitare una continua progressiva pressione in maniera da stabilizzare maggiormente gli allineatori rendendo piú facile gli spostamenti.
Per quanto riguarda gli interventi di implanto-protesi sono stati utilizzati impianti in titanio one piece del tipo vite bicorticale di Garbaccio con diametro alla spira compreso tra 3.2 e 4.5 mm e nucleo di 2,2-2,5 mm costruiti nel rispetto delle normative CE (0434). La lunghezza dell’impianto è variabile in funzione del raggiungimento della corticale profonda. La preparazione del sito dell’impianto viene eseguita con tecnica flapless con le frese autocentranti di Pasqualini che hanno un diametro crescente da 1,1 mm a 2,5 mm montate su micromotore con raffreddamento liquido (soluzione fisiologica). Nello specifico si è iniziato l’intervento con la fresa sonda del diametro di 1,1 mm che oltre a creare l’osteotomia iniziale, permette di percepire il cambio di densità ossea tipico della corticale profonda. Dopo il controllo radiografico viene riportata la misura ottenuta sulle frese autocentranti completando la preparazione del sito implantare. Le frese autocentranti sono dotate di punta triangolare tagliente e di dorso triangolare smussato, questa importante caratteristica permette di realizzare tunnel chirurgici molto precisi e minimamente traumatici per l’osso ricevente. Ad intervento ultimato con questa tecnica è possibile il carico immediato con protesi fissa in resina: corone in policarbonato ION direttamente ribasate sul moncone monoblocco. La metodica indicata prevede l’utilizzo della sola anestesia plessica e copertura antibiotica, in base al paziente si preferisce una terapia a scopo precauzionale con amoxicillina e acido clavulanico, cps 2gr/die per cinque giorni, ed eventuali antinfiammatori come ketoprofene cps al bisogno. Il carico immediato si realizza con corone in policarbonato in resina acrilica mentre a osseointegrazione completata (60 giorni) la protesi definitiva viene realizzata in metallo-ceramica (16).
Uno studio multicentrico di questa tecnica implantologica è stato condotto in 6 studi privati italiani (Busto Arsizio Varese, Milano, Como, Venezia, Bergamo, Roma), su 62 pazienti con agenesie sia monolaterali che bilaterali, per un periodo compreso tra il 2011 e il 2016, con un follow up a 5 anni. Lo studio è stato eseguito in accordo con i parametri etici tracciati dalla Dichiarazione di Helsinki ed è stato firmato dai pazienti un consenso informato prima che gli stessi fossero inclusi nella ricerca. Dal momento che tutti gli impianti collocati si sono perfettamente osseointegrati si è deciso di considerare l’eventuale insuccesso il caso in cui l’estetica non fosse stata accettata completamente da parte del paziente (Tab. 1).
PRIMO CASO
Il caso si riferisce ad un ragazzo di razza caucasica di anni 13 con l’agenesia di ambedue gli incisivi laterali (2.1 e 1.2), in prima classe di Angle bilaterale molare, affetto da morso profondo con una notevole diminuzione dei diametri trasversi del gruppo centrale. Le fotografie mostrano il recupero di spazio ottenuto con la terapia ortodontica Invisalign, che si è protratta dal maggio 2011 all’aprile 2014 per un totale di 90 allineatori.
La correzione dell’edentulia caratterizzata oltre che dal poco spazio disponibile anche da una marcata atrofia ossea è stata effettuata con la metodica sopra descritta e finalizzata protesicamente con corone in metallo nobile e ceramica (Fig. 1-6).
SECONDO CASO
Ad una giovane paziente di razza caucasica di anni 28 affetta da agenesia del 1.2 in prima classe di Angle bilaterale con mesializzazione del canino di destra ad interessare lo spazio del laterale naturale. Le sequenze fotografiche dimostrano l’ampiezza ottenuta dopo terapia ortodontica con allineatori invisibili Invisalign, che si è protratta da settembre 2007 a luglio 2008 per un totale di 25 mascherine. Il 15 luglio 2008 è stata trattata implantologicamente. La paziente è stata seguita periodicamente (2007-2016) (Fig. 7-14).
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Alla luce dei risultati clinici riportati ed evidenziabili anche dal materiale fotografico è possibile affermare che: in caso di agenesie dei settori mascellari, considerando spesso la scarsa qualità dell’osso che si forma in queste determinate zone, l’utilizzo di impianti one-piece, pur di dimensioni sottili, consente il raggiungimento di buoni risultati terapeutici (17-18). Normalmente gli impianti “standard” bifasici possiedono un diametro minimo di 3.0 mm, tuttavia se si considerano le direttrici date da vari studi la minima quantità di osso presente attorno ad un impianto deve essere almeno di 1,00 mm imponendo così la necessità di circa 5 mm di spessore osseo tra incisivo centrale e canino, condizione estremamente complessa da ottenere visti gli scarsi spazi che si ottengono con i trattamenti ortodontici. Ragione per la quale oltre all’implantologia italiana anche quella standard internazionale riconosce che l’inserimento di impianti di esigue dimensioni non solo preserva l’osso alveolare dalla suo fisiologico riassorbimento, ma aiuta ad ottenere migliori risultati estetici e funzionali (19-20). La condizione principale è che gli impianti monofasici di Scuola Italiana raggiungano una stabilità primaria immediata data dal bicorticalismo e/o dal contatto con le corticali interne e/o esterne dei mascellari. Molteplici sono gli autori che riconoscono la difficoltà di trattare il fronte estetico: per l’implantologo risulta complicato l’inserimento dell’impianto in caso di spazi ossei ridotti, con la tecnica da noi proposta ciò viene semplificato grazie all’uso di impianti sottili monofasici, i quali, una volta parallelizzati direttamente in bocca, permettono una estetica delle mucose duratura (21). Questi impianti possono essere inseriti inclinati per coprire la maggior superficie ossea disponibile e, date le caratteristiche del titanio con cui sono costruiti (grado 2) (22) danno la possibilità all’operatore di eseguire il parallelismo con i denti contigui ancora in bocca, con una piegatura manuale e permettere, subito al termine dell’intervento, l’inserimento diretto di un provvisorio in resina acrilica nel rispetto dell’anatomia della zona del colletto. Inoltre la tecnica ortodontica consente di ottenere, senza fatica, la distalizzazione degli elementi dentali pur sempre controllandone il torque, componente fondamentale per ottenere a livello radicolare lo spazio necessario alla collocazione degli impianti (23, 24, 25). Da evidenziare l’importanza della collaborazione del paziente in questo tipo di trattamento poiché se gli allineatori vengono portati meno di 22 ore al giorno diminuisce esponenzialmente la loro efficacia. I pazienti percepiscono il futuro miglioramento estetico durante la terapia ortodontica grazie all’inserimento di alcuni elementi in resina composita (Pontic) negli spazi vuoti dell’allineatore della zona edentula dove, dopo l’ottenimento dello spazio, verranno inseriti gli impianti. Inoltre dopo l’inserimento delle corone definitive è fondamentale mantenere i risultati ottenuti, ragione per la quale si forniscono gli appositi retainer o mascherine di contenzione (Vivera), i quali vanno indossati per i primi 6 mesi tutte le notti, a partire dal sesto mese è possibile diminuire riducendo a 3 giorni alla settimana per poi scendere in maniera graduale fino ad una notte ogni 10 giorni. Questa riduzione progressiva garantisce la stabilità del risultato nel tempo (26). La tecnica dell’implantologia a carico immediato con impianti di diametro sottile è particolarmente indicata nelle monoedentulie agenetiche, specialmente quando le condizioni estetiche impongano il pronto intervento terapeutico. Allorquando si procede con tale programmazione clinica è necessario però tenere in debita considerazione alcune caratteristiche dei denti frontali (incisivi centrali, laterali e canini) poiché questi presentano un’inclinazione diversa rispetto a quella di premolari e molari (27). Le sollecitazioni occlusali, infatti, non sono coassiali all’asse maggiore delle radici, ma generano forze trasversali; quelle di premolari e molari producono forze che si disperdono lungo l’asse maggiore delle radici. È questa la ragione per cui i “denti frontali” non devono avere contatti nell’occlusione statica fisiologica, ma devono soltanto sfiorarsi. In caso contrario verrebbero gravemente danneggiati durante la fase terminale della deglutizione (sovraocclusione) dalle forze trasversali non coassiali all’asse maggiore delle radici. Per questo motivo anche le corone protesiche posizionate su impianti frontali, così come i corrispondenti denti naturali, non devono avere contatti statici: devono solo sfiorarsi e guidare, dopo il completamento dell’osteogenesi, i movimenti dinamici (28). L’importanza della correttezza dell’occlusione trova riscontro nella durata della riabilitazione implantare. Purtroppo, spesso il fallimento degli impianti viene, invece, addebitato a cause microbiche, a patologie sistemiche, a igiene inadeguata e/o tabagismo (29).
Ringraziamenti
Nello studio multicentrico hanno partecipato, in ordine alfabetico, i dottori: Domenico Colombo, Luca Dal Carlo, Pierangelo Manenti, Enrico Moglioni, Franco Rossi, a cui vanno i nostri ringraziamenti.
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